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Bina, un’ottuagenaria rimasta sola e Marta, una venticinquenne di un quartiere di periferia che le dà ospitalità sono le protagoniste indimenticabili di questo romanzo d’esordio che racconta una storia sulla solitudine e la fragilità e permette di riscoprire la bellezza del prendersi cura.
Un pomeriggio d’inverno, Bina si ritrova sola. Ha ottantatré anni e aspetta suo nipote Fabio al parco del Cinghio, il quartiere ai margini di una cittadina per bene. Marta, che di anni ne ha venticinque, la osserva dalla finestra: la vede farsi rigida su una panchina sfondata e decide di offrirle un tetto per la notte e per la notte dopo. E per quella dopo ancora.
Intorno a lei si stringono gli abitanti dell’intera palazzina: Gianna, la dirimpettaia che parla con una sorella immaginaria, Ljuba, la badante della vecchia Maria e Benny, guardia giurata e amico d’infanzia di Marta.
Un paio di strade più in là Fabio, il nipote di Bina, è in guai grossi. Busserà alla porta di Genny, la puttana, creatura del Cinghio guasta e disillusa, in grado di raccogliere i cocci altrui senza fare domande.
Bina e Fabio vivono giorni paralleli, sospesi, in un luogo duro e sconosciuto, nell’attesa che qualcosa accada.
Qualcosa accadrà. E rimescolerà il mazzo, distribuendo ai giocatori nuove carte, un poker all’americana sgangherato, con un croupier d’eccezione: il destino.
Sara Gambazza vive in campagna, con un marito paziente, tre figli turbolenti e quattro cani. Fa l’infermiera, legge tanto e dorme poco. Quando scrive «salta di là», dove la praticità non è tutto, dove pensare non è far niente ma è fare qualcosa. Ha scritto questo romanzo ricordando un’adolescenza scassata, con tenerezza e una punta di nostalgia.
Sara Gambazza è nata a Parma e vive a Noceto, nella campagna parmense, con il marito, tre figli e quattro cani. Ci sono mani che odorano di buono è un romanzo nato ripensando con tenerezza e nostalgia a un importante periodo della sua vita.
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