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Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo 1922. Per tutta l’infanzia e l’adolescenza segue il padre, ufficiale di fanteria, nei suoi spostamenti, trasferendosi continuamente da una città all’altra del Nord Italia. Nel 1942 a causa della guerra si rifugia nel paese materno, Casarsa in Friuli. Sin da giovane, inizia a scrivere poesie, alternando testi in italiano e in friulano. Nel 1942 esce il suo primo libro Poesie a Casarsa. Nel corso della sua vita l’attività poetica costituirà una costante e porterà alla pubblicazione di alcuni dei più importanti testi della letteratura italiana del Novecento. Nel 1950 Pasolini è costretto a lasciare il Friuli e si trasferisce a Roma. Nel 1955 esordisce nella narrativa con Ragazzi di vita. Parallelamente, entra nel mondo cinematografico come collaboratore di Fellini e di Bolognini. Nel 1960-61 avviene il passaggio alla regia con il lungometraggio Accattone. Nel 1973 inizia la collaborazione al «Corriere della Sera». In una serie di articoli – pubblicati successivamente nei volumi Scritti corsari (1975) e Lettere luterane (postumo, 1976) – lo scrittore affronta le scottanti questioni dell’Italia contemporanea. La notte tra il 1° e il 2 novembre 1975, Pier Paolo Pasolini muore assassinato all’Idroscalo di Ostia, vicino a Roma.
«In una lettera che spedisce a Livio Garzanti, nel novembre del 1954, Pier Paolo Pasolini spiega con puntualità lo schema del romanzo che sta scrivendo: “La mia poetica narrativa consiste nell’incatenare l’attenzione sui dati immediati. E questo mi è possibile perché questi dati immediati trovano la loro collocazione in una struttura o arco narrativo ideale che coincide poi col contenuto morale del romanzo. Tale struttura si potrebbe definire con la formula generale: l’arco del dopoguerra a Roma, dal caos pieno di speranze dei primi giorni della liberazione alla reazione del ’50-51”.
Chi legge solo oggi Ragazzi di vita si trova davanti una Roma completamente scomparsa e un’umanità, quella dei rudi “borgatari”, di struggente tenerezza. Il benessere cresce intorno a questi “regazzini”, insieme con la loro fame. Più tardi perfino la fame cambierà di segno, si trasformerà in nuovi bisogni fino ad allora sconosciuti. Il romanzo fu pubblicato da Livio Garzanti nel maggio del 1955, con notevole successo. Al di là del suo valore letterario e nonostante il puntiglioso lavoro di ripulitura dalle “parolacce” e dalle situazioni più scabrose, il libro fece grande scandalo… La IV sezione del tribunale di Milano celebrò il processo per oltraggio al pudore. Il fango ricoprì il giovane scrittore, e proveniva sia da destra sia da sinistra, con le medesime argomentazioni. Il tribunale, anche grazie alle testimonianze in favore dell’imputato, giurate da Emilio Cecchi, Carlo Bo, Gianfranco Contini, Giuseppe De Robertis, Giancarlo Vigorelli, Anna Banti, Giambattista Vicari, Moravia e altri, lo assolse dall’imputazione. Con il senno di poi si può dire che a far scandalo non fu tanto il lessico forte del libro, ma la dignità letteraria che veniva conferita alla parte più bassa e disonorevole della nostra società, cosa che offendeva i benpensanti e l’idea che essi avevano della letteratura.»
Dalla Prefazione di Vincenzo Cerami
pp.256
«È un bellissimo libro. Bellissimo. Uno dei più bei libri italiani del dopoguerra, uno dei più bei libri degli ultimi anni in senso assoluto.» Italo Calvino «La trama di Una vita violenta mi si è fulmineamente delineata una sera del ’53 o ’54… C’era un’aria fradicia e dolente… Camminavo nel fango. E lì, alla fermata dell’autobus che svolta verso Pietralata, ho conosciuto Tommaso. Non si chiamava Tommaso: ma era identico, di faccia, a come poi l’ho dipinto… Come spesso usano fare i giovani romani, prese subito confidenza: e, in pochi minuti mi raccontò tutta la sua storia.» (Pier Paolo Pasolini, Le belle bandiere, 1966)
pp.384
«L’invisibile rivoluzione conformistica di cui Pasolini parlava con tanto accanimento e sofferenza dal 1973 al 1975, non era affatto un fenomeno invisibile. Chi ricorda anche vagamente le polemiche giornalistiche di allora, a rileggere questi Scritti corsari può restare sbalordito. Il fatto è che per Pasolini i concetti sociologici e politici diventavano evidenze fisiche, miti e storie della fine del mondo. Finalmente, così, Pa¬solini trovava il modo di esprimere, di rappresentare e drammatizzare teoricamente e politicamente le sue angosce… di parlare in pubblico del destino presente e futuro della società italiana, della sua classe dirigente, della fine irreversibile e violenta di una storia secolare.» (dalla Prefazione di Alfonso Berardinelli)
pp.272
Prefazione di Gabriele Romagnoli
«Siamo in un campo periferico di Roma: scende in campo la formazione degli scrittori contro la rappresentativa della borgata romana Donna Olimpia. Fra le file degli scrittori notiamo: Bassani, Cancogni, Garboli, Sermonti, Giagni, Cibotto e Pasolini.» Il 23 marzo 1956 «Paese Sera» offre con queste parole l’immagine di un giovane Pier Paolo Pasolini in calzoncini corti e scarpe con i tacchetti, pronto a cimentarsi, insieme ad altri grandi nomi della letteratura italiana, nello sport che lo appassionava di più. Del resto, il legame dell’autore di Ragazzi di vita con il calcio è storia nota, e non mancano le fotografie che lo ritraggono mentre rincorre un pallone. I nove testi raccolti in questo volume, introdotti da una prefazione di Gabriele Romagnoli, ripercorrono, attraverso articoli di giornale e interviste, la storia dell’«amore grande, insolito e chiacchierato» di Pasolini per quella che lui stesso definì «l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo».
pp.96
Prefazione di Andrea Bajani
«Non si lotta solo nelle piazze, nelle strade, nelle officine, o con i discorsi, con gli scritti, con i versi: la lotta più dura è quella che si svolge nell’intimo delle coscienze, nelle suture più delicate dei sentimenti.»
Nel giugno del 1960, mentre è impegnato nel suo esordio alla regia con Accattone, Pier Paolo Pasolini inaugura una rubrica di corrispondenza con i lettori sul settimanale di politica e cultura «Vie nuove». Inizia così un vero e proprio dibattito epistolare che durerà, pur con diverse interruzioni, cinque anni: a scrivergli sono operai, studenti, disoccupati, soprattutto giovani e giovanissimi che «fanno della cultura non la loro specializzazione, ma il loro nutrimento». Pasolini si fa compagno di strada e confidente, supera la cronaca quotidiana per cercare di interpretare i grandi fenomeni storici in corso, e introduce nella discussione pubblica temi che diventeranno cruciali negli anni a venire: il ruolo della donna, le nuove e necessarie politiche scolastiche, il movimento progressista che si sta facendo largo nella Chiesa, l’ingannevole idea di uno sviluppo illimitato. Il risultato è un dialogo aperto, senza sconti, schietto e coinvolgente, che si legge ancora oggi come una delle più profonde e affascinanti rappresentazioni del nostro paese.
pp.552
Questo volume riunisce per la prima volta in forma completa l’epistolario di Pier Paolo Pasolini. I curatori Antonella Giordano e Nico Naldini – mancato poco prima della conclusione dell’impresa – hanno interpellato per anni archivi di fondazioni, biblioteche e istituti culturali, contattato i destinatari dello scrittore o i loro eredi, consultato giornali e riviste riuscendo così a integrare con oltre trecento lettere il corpus finora conosciuto. Spiccano tra le inedite quelle indirizzate a Paolo Volponi, Elsa Morante, Gianfranco Contini, Giuseppe Ungaretti, Attilio Bertolucci, Giorgio Bassani, Vanni Scheiwiller, che arricchiscono una raccolta già tra le più ampie e significative della letteratura italiana. Il risultato è un carteggio unico per qualità degli interlocutori e ampiezza dei registri, l’equivalente di una vera e propria autobiografia. A introdurre i testi vi è una nuova Cronologia della vita e delle opere di Pasolini che segue l’impianto ideato da Nico Naldini e viene qui ampliata con integrazioni, aggiornamenti e rettifiche sia su fatti biografici sia sulle opere, tenendo conto degli studi e dei ritrovamenti degli ultimi anni e dando ampio spazio alla voce dell’autore.
pp.1552
Definito negli anni un testo profetico sul potere, la cronaca di un percorso iniziatico o il romanzo-verità sulla morte di Enrico Mattei, Petrolio è il libro più celebre di Pier Paolo Pasolini. Attraverso la storia di Carlo, borghese disposto a tutto pur di far carriera, cresciuto in un ambiente cattolico di sinistra e poi complice di un delitto di destra, Pasolini conduce all’estremo il proprio sperimentalismo: puntini di sospensione al posto dell’esordio, sette diverse prefazioni, una rappresentazione dell’eros realistica e cruda, e un’estrema varietà di registri stilistici che vanno dal lirico al saggistico, dal giornalistico al visionario e all’allegorico. Come confida l’autore in una lettera ad Alberto Moravia, questo romanzo è «il preambolo di un testamento, la testimonianza di quel poco di sapere che uno ha accumulato»; rimasto incompiuto, è circondato da un alone di mistero che tuttora ne alimenta il mito. Grazie alla cura di Maria Careri e Walter Siti, questa nuova edizione di Petrolio si arricchisce di brani inediti, di documenti d’epoca e di originali ipotesi interpretative capaci di rinnovare il dibattito su un’opera che, a trent’anni dalla sua prima pubblicazione, non smette di affascinare e interrogare i lettori.
pp.828
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