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Francesco Pecoraro, romano, ha pubblicato per Ponte alle Grazie i romanzi La vita in tempo di pace (2013; premio Viareggio, finalista premio Strega, tradotto in cinque lingue), Lo stradone (2019; finalista Premio Campiello) e Solo vera è l’estate (2023), e i racconti di Camere e stanze (2021). Ricordiamo anche le prose di Questa e altre presitorie (Le Lettere, 2008), le poesie di Primordio vertebrale (Ponte Sisto, 2012) e il «poemetto» Nodulo (Tic, 2021).
Primi anni Venti di questo secolo nella «Città di Dio», decadente metropoli che assomiglia molto a Roma. Un uomo di circa settant’anni osserva dal settimo piano della sua palazzina le vicende dello «Stradone»; i tanti personaggi che lo percorrono incarnano tutte le forme del «Ristagno» della nostra società. Invecchiamento e conformismo, razzismo e sessismo, sopravvivenze popolari e «trentelli» rampanti, barbagli di verità, etnie in conflitto, il fantasma dell’integralismo islamico, la liquefazione di sinistre e destre e della classe media in un unico «Grande Ripieno»: nulla sfugge a questo narratore disordinato ma perspicace, che pare saper restituire meglio di chiunque – con ironia, cinismo, nostalgia, umorismo – il non senso del nostro presente. Racconta anche, l’uomo senza nome, la propria esistenza di «Novecentesco», aspirante storico dell’arte, funzionario di Ministero, uomo che ha creduto nel comunismo e poi si è fatto socialista e corrotto, con i suoi amori e, oggi, l’ossessione per la vecchiaia, la malattia, la pornografia; e ricostruisce infine – con documenti veri o quasi-veri – la storia di un quartiere i cu iabitanti, operai e proletari, per secoli e fin oltre la metà del Ventesimo, hanno prodotto qui i mattoni di cui è fatta la Città: il quartiere più comunist ae antifascista di tutti, forse visitat oda Lenin – personaggio inatteso di queste pagine – nel 1908.Il risultato è un libro certamente unico nel panorama letterario non solo italiano, in cui la passione politica, antropologica e linguistica, le vicende di una vita, di un quartiere, di un intero secolo concorrono a un’esperienza di lettura memorabile: un’illuminante – tragica ed esilarante – avventura di conoscenza.
pp.448
“NELLA CINQUINA DEI FINALISTI DEL PREMIO STREGA 2014. VINCITORE DEL PREMIO MONDELLO E DEL PREMIO VOLPONI L’ingegner Ivo Brandani è sempre vissuto in tempo di pace. Quando il libro comincia, il 29 maggio 2015, Ivo ha sessantanove anni, è disilluso, arrabbiato, morbosamente attaccato alla vita. Lavora per conto di una multinazionale a un progetto segreto e sconcertante, la ricostruzione in materiali sintetici della barriera corallina del Mar Rosso: quella vera sta morendo per l’inquinamento atmosferico. Nel limbo sognante di un viaggio di ritorno dall’Egitto, si ricompongono a ritroso le varie fasi della sua esistenza di piccolo borghese: la decadenza profonda degli anni Duemila, i soprusi e le ipocrisie di un Paese travolto dal servilismo e dalla burocrazia, il sogno illusorio di un luogo incontaminato e incorruttibile, l’Egeo. E poi, ancora indietro nel tempo, le lotte studentesche degli anni Sessanta, la scoperta dell’amore e del sesso, fino ad arrivare al mondo barbarico del dopoguerra, in cui Brandani ha vissuto gli incubi e le sfide della prima infanzia. Chirurgico e torrenziale, divagante e avvincente, La vita in tempo di pace racconta, dal punto di vista di un antieroe lucidissimo, la storia del nostro Paese e le contraddizioni della nostra borghesia: le debolezze, le aspirazioni, gli slanci e le sporcizie, quel che ci illudevamo di essere e quel che alla fine, nostro malgrado, siamo diventati.”
pp.512
Questo volume raccoglie tutti i racconti di Francesco Pecoraro, a partire dalla sua prima raccolta del 2007, Dove credi di andare, fino ai molti inediti più recenti. Dove credi di andare ha un carattere fortemente unitario: i protagonisti sono manager, funzionari, artisti, avvocati, tutti colti nel mezzo di un incontro con qualcosa o qualcuno che provoca lo sfaldamento del loro mondo di certezze. Una riunione di lavoro in cui si capisce di essere finiti, una festa data per una giovane amante che si trasforma in tregenda…Ma se già con il racconto lungo Tecnica mista – storia di una vocazione artistica che deraglia in terrorismo fondamentalista – il modo di narrare appare molto cambiato, i racconti della terza parte presentano modalità espressive del tutto nuove. Viene sì mantenuta la rappresentazione del disagio e della crisi dell’uomo adulto (Cormorani, Fuori lista),ma a questa si aggiungono la parodia a tinte distopiche del neoliberismo imperante (La Tavolata, La città indiscussa), il racconto dell’infanzia e della preadolescenza (Non so perché, Il Fregno) e ritratti femminili che rimangono impressi per originalità (Antonella ti amo). Lo sguardo di Pecoraro, apparentemente impassibile, è in realtà intensamente partecipe di ogni fenomeno umano, naturale o artificiale, e rende questi racconti un unicum nella nostra narrativa.
pp.480
Venti luglio 2001. Fra il litorale romano e il G8 di Genova, tre ragazzi di trent’anni e una donna che tutti e tre desiderano. È il giorno che ferma la storia, il giorno che cambia per sempre la loro esistenza e quella di tutti.
È il 20 luglio 2001. Tre amici poco più che trentenni sono in auto sulla via Pontina, diretti da Roma al litorale, dove li attende – si direbbe – una serata come tante, la festa di compleanno della cugina di uno di loro. Enzo, Giacomo e Filippo hanno in comune le origini – vengono tutti e tre dal Mamiani, il liceo più politicizzato della Capitale – e si affacciano su una vita adulta più complicata e stentata del previsto; li unisce anche l’ambigua amicizia con Biba, che questa sera non è con loro. Lo stesso giorno, decine di migliaia di altri ragazzi si trovano invece più a nord, a Genova, dove si sta svolgendo il G8: la ferocia gratuita con cui vengono annientati i corpi e le idee dei manifestanti, produce e incarna assieme l’autentico crinale della nostra storia, ma anche un irreversibile punto di passaggio nella traiettoria esistenziale dei quattro protagonisti.
All’alba del 21 luglio, un’alba serena d’estate, niente sembra cambiato ma niente sarà più come prima, per nessuno di loro – e per nessuno di noi.
pp.208
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